Mauro Davoli - Nature Vive

L’incanto e la suggestione

by Marzio Dall'Acqua

 

Forse l’immobilità delle cose intorno a noi è loro imposta dalla nostra certezza che sono esse e non altre, dall’immobilità del nostro pensiero nei loro confronti.

Marcel Proust, Dalla parte di Swann.

 

Far parlare le cose è il compito che si è assunto Mauro Davoli in questa serie di opere, che ingiustamente si definiscono “nature morte”, e che in origine, nel Seicento, furono dette invece “vie coye”, “Still-leven”, cioè “vita silente, immobile” o, come sintetizza Roberto Longhi con una curiosa espressione da cacciatore “soggetti oggetti di ferma”, definizione che sottolinea come in questa iconografia si confondano, come vedremo, il soggetto e l’oggetto, l’individualità interiore ed il mondo esteriore in uno svelamento radicale, senza né mediazioni né infingimenti possibili.
La natura morta si pone fuori dal tempo, fuori dalla corruzione, in un eterno presente che raggela le forme, pietrifica le cose, le oggettiva in una esasperazione tale da non dare ad esse un futuro. E la vita degli oggetti non ha i ritmi della nostra, dell’uomo.
Sono le prime considerazioni davanti al mondo sospeso e misterioso di Mauro Davoli che con le sue fotografie d’autore sembra aprire finestre su spazi e dimensioni inaspettate, sorprendenti.
Il rimando colto, gioioso e raffinato è ad un maestro olandese del primo Seicento, quasi sconosciuto, fino ad anni recentissimi, Adriaen Corte. È un dialogo al di là dei secoli, ma anche oltre lo specifico linguistico del mezzo usato, l’olio e la tela per il fiammingo e la macchina fotografica e la carta apposita per Mauro Davoli. Un gioco al rimando tra due epoche e due personalità che creano senza copiarsi, nel quale c’è lo spazio della ricerca visiva più seria e libera.
La prospettiva che Davoli usa: apparentemente semplice, un piano, una mensola di appoggio che è mostrata non come i nostri occhi la percepiscono, ma nel modo antico, fiammingo della prospettiva ottica, bioculare e non matematico e monoculare, tipica del Rinascimento e della tradizione italiana.
Tutte le immagini di Mauro Davoli si propongono così ad altezza d’occhio. La mensola è di poco sospesa sopra di noi, ma possiamo vedere con ricchezza di atmosfere e particolari gli oggetti separati da spazio, ma uniti da invisibili legami che ci invitano a scoprire. L’ombra che li avvolge li riassorbe e li respinge verso la luce sempre laterale, radente anch’essa quasi sussurrata, fioca e naturale di candela, è quella morbida, cedevole e calda, del velluto, di una notte che ci dice di altre profondità, di altri spazi oltre a questo primo mondo di illusorie presenze con la consistenza dell’eternità.
Le nature morte di Mauro Davoli corrispondono a quel concetto ripreso da Borges dell’“eternità come puro oggi, immediata e lucida fruizione delle cose infinite”. È riflessione sulla molteplicità delle forme dell’esistenza e come tra esse non vi siano gerarchie di importanza e di valore.
E mi piace concludere con una citazione del filosofo Remo Bodei, da La vita delle cose, Laterza 2009, alla quale mi associo: “Davanti alla rivelazione dell’aeternitas, a vincere è la vita delle cose, assieme alla nostra e a quella degli altri uomini.
Tutto quanto ci coinvolge attraverso la conoscenza affettiva delle res singulares ci libera, infatti, dal ricatto di quelle istituzioni che fanno della caducità e della paura della morte uno strumento politico e religioso di dominio”.

 

 

Nature vive
Mostra a cura della Fondazione Franco Maria Ricci

Apertura al pubblico:
26 marzo – 21 maggio 2017

Info: www.labirintodifrancomariaricci.it - www.maurodavoli.com

 

 

 

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