Idiomas
Intervista al Divino
Non riesco a dormire. Eppure ero stanchissimo, ma non posso prendere sonno.
Continuano a risuonarmi nella testa quei colpi rassicuranti, quei suoni così pieni, musicali, i gesti rapidi dei battitori che fanno ruotare le forme.“Tac, tac, tac, tac”. “Va bene”. “Tac, tac, tac, tac”. “Perfetto”.
L’uno per cento, solo l’uno per cento di seconda, sono stato davvero bravo quest’anno e tutti a farmi i complimenti. Abbiamo brindato col vino rosso e tutti a darmi pacche sulle spalle. “Bravo Divino” e gli ridevano anche gli occhi.
Il Parmigiano-Reggiano di quest’anno è andato benissimo, abbiamo lavorato bene tutti, io in caseificio e i contadini che mi hanno conferito latte buono, fatto come si deve.
Del resto questo lavoro è fatto d’amore e di rispetto e io sono uno preciso… mi piace figurare bene con tutti. Non a caso noi della latteria di San Michele Tiorre siamo guardati un po’ come degli esempi dagli altri, lavoriamo bene e abbiamo i conti a posto. Fino all’ultimo centesimo.
Ma il mestiere del casaro è strano, bisogna essere un po’ pazzi per farsi in quattro tutto il giorno, tutti i giorni dell’anno e dovere aspettare così tanto prima di conoscere la qualità del proprio lavoro. 12 mesi il formaggio deve stare sulle scalere prima di ricevere la visita del battitore del Consorzio che, armato di un martello speciale e del suo orecchio fino, riesce a trovare difetti e imperfezioni senza aprire la forma.
“Tac, tac, tac, tac”. “Va bene”. “Tac, tac, tac, tac”. “Perfetto”. Continuano a risuonarmi nelle orecchie e non posso fare altro che sorridere e commuovermi un po’, pensando a tutto quello che ho fatto nella mia vita… spesa con il formaggio, per il formaggio.
A dodici anni ho iniziato, nel 1950 a Campegine, nel reggiano.
Sotcaldera era la mansione, facevamo il Parmigiano Reggiano con il fuoco a legna nella caldera a camera singola, legna e fascine di potatura di olmo.
Io mi occupavo anche di andare a prendere il latte con un carretto attaccato alla bici, quasi due quintali di peso, mi aiutava Rex, il cane lupo, che aveva i finimenti e tirava come un cane da slitta. Una vita faticosa, ma i giorni volavano e io imparavo, imparavo.
Poi a Ghiare di Corniglio, a 17 anni, ad assaporare la dura vita dei casari di montagna, con tante piccole stalle da visitare giornalmente per la raccolta del latte. Avevo io la sveglia, una grande responsabilità, ma toccavo il cielo con un dito dalla felicità: i rigori dell’inverno, una giornata di lavoro che inizia alle 4 e finisce alle 21, tutti i giorni, non mi pesavano, diventavo ogni giorno più bravo a fare il formaggio, me ne accorgevo e se ne accorgevano gli altri.
Oggi sono qui a San Michele Tiorre, abbiamo le caldere a camera doppia e il generatore di vapore, è tutto più facile e pulito, lavoriamo bene e spuntiamo prezzi buoni per il nostro Parmigiano-Reggiano.
“Tac, tac, tac, tac”. “Va bene”. “Tac, tac, tac, tac”. “Perfetto”.
La latteria di San Michele Tiorre si è fatta un nome grazie al nostro duro lavoro e io sono soddisfatto. Ma non devo sedermi sugli allori, devo continuare a lavorare.
Come sarà il futuro? Il mio lo immagino ancora così.
Conosco bene il Parmigiano-Reggiano, amo questo formaggio che contiene anche una filosofia di vita, non ci sono scappatoie sulla verità, se vuoi farlo bene devi essere sincero e dedito, altrimenti non vai lontano.
Non farò il casaro fino allo stremo delle forze, ma continuerò a vivere di Parmigiano-Reggiano, coinvolgerò i miei figli, magari apriremo un nuovo magazzino di stagionatura, moderno e lucente, che tutti ammireranno. Il nostro formaggio andrà dappertutto nel mondo, magari arriveranno i cinesi fino a qui per assaggiarlo e per vederci all’opera e noi continueremo a figurare bene, amando e rispettando il nostro lavoro. Per continuare a sentirci sottopelle quella strana euforia che sento adesso: “Tac, tac, tac, tac”. “Va bene”. “Tac, tac, tac, tac”. “Perfetto”.
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Saperi e sapori descritti dalla voce dei protagonisti, perchè le papille gustative funzionano bene solo se sono connesse con il cervello e con... il cuore.
About the author
Davide Bernieri
E' giornalista professionista, food storyteller, innamorato della tipicità , dei viaggi su ruota a zonzo, della cucina e della musica. Cuoco per passione, è sceso dal carro prima dell'avvento degli chef mediatici per dedicarsi alla scrittura. Oggi divulga il profondo legame tra cultura e cucina che permea ogni centimetro quadrato del nostro paese, valorizzandolo anche in chiave di attrazione turistica.