Il marchese dei salami

Storia minima di un nobilissimo salume

di Maria Teresa Angella

«Voilà, je suis un Marquis d’un pays des saucissons» (Ecco, sono Marchese di un paese di salami).

Francois Guillaume Leon Du Tillot pronunciò questa frase nel 1711, al momento della sua investitura come marchese di Felino, prendendo possesso del castello e contribuendo a legittimare una produzione che sarebbe divenuta una delle più tipiche del parmense.

La storia del Salame Felino inizia però molto prima, risalendo addirittura all’età del bronzo: sono stati rinvenuti frammenti ossei tra i reperti del villaggio terramaricolo di Monte Leoni, situato sulle colline che sovrastano il paese. Ed è datato 1436 il primo documento relativo al Salame felinese di cui si ha traccia tangibile. Ritrovato a Parma è di Niccolò Piccinino e narra l’episodio in cui il Duca di Milano, che nel territorio del ducato aveva un distaccamento del suo comando, ordinò a un suo condottiero di procurargli «porchos viginti a carnibus pro sallamine», ovvero venti maiali per fare salami.

La sua storia moderna, ovvero il primo costituirsi di un embrione di industria locale passa però, inevitabilmente, per l’Imperatrice Maria Luigia che il 28 febbraio 1822 dette la sua autorizzazione affinché nel paese si potesse tenere un mercato dove «si fa anche di buoni salami». Una storia dalle radici lontane dunque.    

Le caratteristiche che ne fanno un’eccellenza sono rigorose: si comincia con la carne che deve essere di provenienza nazionale, refrigerata ma non congelata, e lavorata esclusivamente da aziende della provincia di Parma: occorrono «carni di maiali “pesanti” o “maturi” (con peso medio non inferiore a 130 kg) nati in Italia e macellati nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e Toscana. E’ proprio la particolare alimentazione dei maiali che fornisce alle parti adipose le caratteristiche necessarie alla tipicità del Salame Felino”

Dopo il passaggio attraverso il tritacarne, si aggiungono le spezie (vino, pepe, zucchero…) e si procede con l’insaccatura in un budello naturale di suino. Infine si esegue la legatura a spago e si lascia asciugare il prodotto appeso per qualche tempo, in condizioni di umidità e temperature controllate, per poi spostarlo in altri ambienti e dare inizio all’ultima fase della stagionatura, dalla durata medi di venticinque giorni.

Le tecniche di lavorazione del Salame Felino sono rimaste invariate negli ultimi cento anni, a parte il superamento del vincolo legato alla macellazione stagionale dei maiali: anticamente il maiale si poteva macellare solo durante l’inverno a causa della mancanza di mezzi di conservazione delle carni. Oggi invece le carni vengono lavorate negli stabilimenti tutto l’anno grazie ai moderni impianti di refrigerazione che ne impediscono il deperimento.

Le regole per l’etichettatura dei salami sono anch’esse molto rigide e riportate sul sito ufficiale del Consorzio che ne garantisce la tutela (http://www.salamefelino.com/consorzio/marchio-registrato/):

«Il “SALAME FELINO” IGP può essere immesso al consumo: intero, con la sola etichetta o eventuale sigillo; in trancio, sottovuoto o in atmosfera protettiva; affettato, sottovuoto o in atmosfera protettiva. La denominazione “SALAME FELINO”, seguita dalla menzione “Indicazione Geografica Protetta” o dall’acronimo “IGP” (…) deve essere apposta sull’etichetta o eventuale sigillo in caratteri chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare sulla stessa, seguita dal simbolo grafico comunitario e dal marchio aziendale. È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: tipo, gusto, uso, selezionato, scelto e similari».

Per tutelare, promuovere e valorizzare questo prodotto tipico esiste il “Consorzio di Tutela del Salame Felino IGP” con sede a Parma, presso l’Unione Parmense degli Industriali. Attualmente sono tredici le aziende aderenti al Consorzio, ma hanno la possibilità di farne parte anche le altre figure appartenenti alla filiera della lavorazione delle carni come allevatori, macellatori, produttori e confezionatori.

Ma come sempre quando si parla dei salumi prodotti nel parmense, e in questo caso del Salame di Felino, le questioni, peraltro necessarie e in un certo senso obbligate, di etichetta o di marchio, cedono il passo all’assoluto rilievo che hanno i fattori legati al territorio, alla natura e alla componente umana. E’ il genius loci: un’impalpabile ma concreta arte, che si tramanda da generazioni, che poggia sul binomio ambiente e uomo, materie prime e collaudate tecniche di produzione, e che dà  origine, e continua a preservare, qualcosa di assolutamente unico. 

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