Lasagne al forno. Alla parmigiana e alla salentina

Gara golosa senza vincitori e vinti

di Sara De Mitri

 


È domenica, una festività, o semplicemente se ne ha una voglia smisurata: quante volte ci è capitato di sederci felici e contenti a tavola perché davanti avevamo un bel piatto fumante di lasagne al forno?

Certamente è uno dei piatti italiani più riconosciuti e amati al mondo e tutti, nessuno escluso, ne sono innamorati. A casa mia, salentina di nascita, si è sempre creato un dibattito attorno alla sua preparazione, ma mia nonna, in piedi già dalle cinque del mattino per metter sul fuoco il sugo perché “va cotto lentamente”, non ha mai voluto sentir ragioni: la lasagna vera è come la fa lei e come sua mamma e sua nonna prima di lei. Si sa, la legge della famiglia. A poco e niente valgono i tentativi di spiegarle che la lasagna, quella vera, quella originale, è emiliana e gli ingredienti non sono quelli che si utilizzano al Sud, o meglio non del tutto.

Ma mettiamo un po’ d’ordine e cerchiamo di capire le differenze.

Le prime notizie di questo prelibato piatto si hanno addirittura a partire dal 1282, dove un notaio bolognese cita le suddette “lasagne” tra le righe dei suoi Memoriali Bolognesi. Una storia millenaria, dunque, una di quelle tradizioni ormai impossibili da scalfire. Una pietanza dapprima regionale che si è poi fatta conoscere in tutta Italia, e poi in tutto il resto del mondo. E, ovviamente, quando una ricetta conosce espansione si sa, ci sono sempre delle sue varianti, si trova chi vuole dare un suo tocco, una sua impronta, al piatto. È un po’ come la storia della carbonara, che tradizione romana vuole rigorosamente condita con il guanciale, ma si sa che in molte altre regioni usano la pancetta (non ditelo ai romani!). E la variante regionale di cui voglio parlare è proprio quella salentina, preparata con orgoglio e passione nelle famiglie di questa zona.

Sfoglia fresca, ragù e besciamella: questi sono gli unici ingredienti di una perfetta lasagna classica bolognese, ma noi ci aggiungiamo sempre qualcosa in più, perché si sa, al Sud piacciono i piatti pieni e magari che fungano anche da “svuota frigo”. Certo, la sfoglia in comune c’è sempre, ingrediente fondamentale e senza il quale non si può procedere. Ma ecco già le prime differenze: niente ragù, in Salento la tradizione vuole un sugo semplice cotto lentamente (magari ricavato direttamente dai pomodori passati alle prime luci dell’alba in una mattinata di agosto, quando sono maturi al punto giusto), in cui vengono fatte affogare decine e decine di piccolissime polpettine di carne (ovviamente fatte a mano!). E così inizia la costruzione: sfoglia, sugo, polpettine, besciamella (anche qui), ma non ci si ferma mica: assolutamente necessaria in ogni parte della sub-regione è la mozzarella, che “dà sapore” e rende filante il tutto al punto giusto.

In alcuni paesi si aggiungono addirittura mortadella a quadrettini molto piccoli e un paio di uova sode, poi, ovviamente, va tutto in forno.

Due versioni sicuramente molto diverse tra loro, quasi agli antipodi. Probabilmente, se un emiliano e un salentino cominciassero a discutere sulla preparazione delle lasagne, finirebbero per litigare! Ma, dopotutto, “Paese che vai, usanza che trovi” e su questo non si discute. Quindi ad ognuno le sue tradizioni e il suo modo di mangiare questo che è uno dei piatti più amati al mondo, l’importante è rispettare semplicemente il modo di prepararli altrui e gli ingredienti scelti. Perché sappiamo perfettamente che in tutta Italia, qualsiasi regione che sia, ciò che conta è la buona cucina, il mangiare bene e stare insieme a tavola e con queste due varianti della lasagna, è davvero impossibile fare brutta figura.

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