Un bicchiere di tradizioni.

Crocizia: non solo vino

di Chiara Paletti

Un vino che nasce dalla passione. Quella di Aurelio per la terra e le vigne.

“È stato mio padre a dar vita a questo progetto” -spiega Marco Rizzardi- “All’inizio l’intenzione era solo coltivare la sua passione per il vigneto e produrre il vino soltanto per noi. Avevamo soltanto un ettaro di terreno”. Un progetto dunque che nasce quasi per gioco, come passatempo. Ma i giochi sono sempre più avvincenti quando si è in tanti. Si sviluppa così il desiderio di far conoscere e condividere i prodotti del loro vigneto. Nasce così Crocizia – azienda agricola biologica (http://www.crocizia.com/).

La passione è rimasta la stessa così come la filosofia: non forzare il terreno a produrre ma usare ciò che spontaneamente offre.

A Crocizia infatti non si produce solo vino ma anche marmellate, miele e sidro.

“Seguiamo l’alternanza delle piante” dice Marco spiegando che non tutti gli anni la produzione rimane la stessa. In base a cosa la natura offre di più, si decide come utilizzarlo.

Una riscoperta delle abitudini del passato, con un’attenzione al prodotto più all’avanguardia che mai.

Oggi le oltre dieci vigne “targate” Crocizia coprono quasi quattro ettari di terreno e producono più di dieci vini differenti tra cui Malvasia, Sauvignon, Moscato, Trebbiano, Barbera, Lambrusco, Bonarda e Pinot Nero.

“Produciamo un vino naturale, concetto sviluppatosi una decina di anni fa che prevede un modo di curare l’uva e il suo vino senza l’utilizzo di prodotti chimici. Ad esempio non utilizziamo solfiti, se non quelli che l’uva produce da sé. Il nostro è un vino integro, senza additivi”. Anche i macchinari dell’azienda agricola sono pochi. Giusto quelli necessari: una pigiatrice, una pressa e le pompe per i travasi. “Il nostro intento è di lavorare poco il vino. Vogliamo conservare il suo sapore originale. Spesso le vigne che curiamo sono vecchie, alcune molto piccole, e danno pochi frutti per questo cerchiamo di valorizzarli e di preservarne il sapore”.

Il successo di questi prodotti non è solo nazionale. “La metà della nostra produzione (10 000/15 000 bottiglie) viene commerciata all’estero. Spesso a enoteche e ristoranti, solo circa un 20% ai privati” precisa.

L’azienda partecipa a eventi e fiere per promuovere i produttori di vini biodinamici come “Vini di Vignaioli” che si tiene a Berceto, sulle colline parmensi.

Per assicurare ai vini un sapore di tradizione e legame con le radici, i loro nomi sono spesso in dialetto parmigiano. “Volevamo qualcosa che facesse pensare immediatamente a Parma, al suo territorio e alla sua storia. L’idea del dialetto è stata immediata. Ogni nome però cerca anche di raccontare una storia. Come il Marc’Aurelio: è stato il primo lambrusco che abbiamo prodotto io e mio padre, volevamo che portasse i nostri nomi. Oppure la Besiosa: una malvasia a lunga macerazione, un vino duro, insomma un po’ besiosa! Anche dietro allo Strajè c’è la sua favola. Strajè vuol dire sparpagliato, disordinato e infatti questo spumante è composto dalle uve di 4 o 5 piccoli vigneti diversi” racconta Marco. Il Très-bien! è il vino per chi crede che Parma sia una piccola Parigi. Il nome gioca sulla tipologia di vino, Trebbiano, e sul francese “très bien” ovvero “molto buono”. La sua etichetta? Chiaramente Maria Luigia, duchessa di Parma e imperatrice francese dell’800.

 

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