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Profumi di Parma.
La storia attualissima dell' H2 Eau de cologne.
Mitologie profumate. Che come ogni mitologia non «nascono dal nulla», come ha scritto Roland Barthes in Miti d’oggi.
Esagerano, deformano, ingrandiscono, avendo però sempre un dato di partenza reale. Nel caso dei “profumi madeinparma” è la liason affettiva (e olfattiva) della Duchessa Maria Luigia con la violetta, fiore assurto a simbolo del suo ducato.
Nel Museo Glauco Lombardi si trovano tanti riferimenti ed esempi di questa passione: dalla creazione della fragranza alla Violetta di Parma, formulata per la prima volta per lei dai frati del convento della SS. Annunziata, alle mance che dava ai poveri della città che le portavano, omaggiandola, un mazzetto di viole.
Il primo strutturarsi dalla produzione profumiera a Parma ha avuto dunque il suo input nell'esistenza di una corte, dunque nella domanda di raffinatezza che da essa scaturiva.
Ma se il tratto cortigiano e le influenze francesizzanti hanno giocato un ruolo fondamentale nel caratterizzare il “profumo di Parma”, il passaggio da una produzione poco meno che artigianale a una che, perlomeno come aspirazione, guardava ad un pubblico allargato, ha un riconosciuto capostipite.
È Ludovico Borsari, un geniale artigiano le cui intuizioni e capacità imprenditoriali si giovarono però di un contesto molto favorevole e che aveva il suo perno nell’esistenza di un’importante industria del vetro. Le Vetrerie Bormioli - il cui atto fondativo risale al 1825 quando la famiglia altarese ottiene dal governo di Maria Luisa d'Austria la concessione ad avviare una vetreria - sono state infatti decisive nel costituire una filiera del profumo, che nel corso del Novecento ha visto sorgere numerose imprese produttrici di essenze: l’O.P.S.O., la Trionfale, la Ducale, l’Adam, la Morris, l’Italart; ma anche aziende specializzate nella stampa, nella cartotecnica, negli imballaggi.
Una storia questa che attende di essere scritta e che, come l’intero settore degli accessori e della moda, è stata opera di imprenditori di fiuto. Self-made-men, operanti, con la sola eccezione del comparto del vetro, sulla piccola scala industriale. Però molto abili e pronti a cogliere le potenzialità di un mercato che fra le due guerre mondiali, ma soprattutto dopo la seconda e in particolare con il boom economico, cominciava ad aprirsi e a contare su un pubblico più ampio e più interessato all’eleganza e agli accessori, in primis al profumo, sia per lei sia per lui. Più precisamente si trattava di un pubblico le cui aumentate capacità d’acquisto andavano di pari passo con l’esterofilia: ecco allora che se le scarpe “made in Parma” si chiamavano Barrett e Alexender, con la stessa intonazione anglica con cui si indossava un trench o si ordinava al bar un whiskey, i profumi in ossequio all’intraducibilità di parfum e eau de cologne, si chiamavano Napoleon, Adam, Jacques Horace.
Alla storica e nazionalmente nota Borsari & Figli venivano segnalandosi la Morris e l’Italart, sorte a cavallo degli anni ’40 e ’50, per opera di Giuseppe Borri e Attillo Tanzi.
Particolarmente significativo, sotto l'aspetto pubblicitario, era il contributo creativo di Erberto Carboni: grafico e designer parmigiano capace di dare un notevole valore aggiunto alla comunicazione commerciale di un prodotto, quale il profumo, la cui cifra stilistica era fra le migliori in assoluto. Ma ormai, nel momento in cui il miracolo economico con il suo consumismo autarchico, ancora dominante nel decennio Sessanta, lasciava spazio al nascente culto per i prodotti “firmati”, la dimensione familiare dall’industria profumiera parmigiana si dimostrava inadatta a sostenere le sfide poste da un prodotto sempre più internazionale, sempre più concentrato nelle mani delle multinazionali e il cui successo cominciava a essere interamente nelle mani dei grandi stilisti. Delle Grandi Firme.
Questa però è un’altra storia, che racconteremo e svilupperemo. A partire dai tentativi (ad esempio della Florbath negli anni ‘70/80) di riunificare in un solo marchio le principali imprese parmigiane, al fine di competere sul mercato globale, al felicissimo rilancio di un vecchio prodotto come l’Acqua di Parma, dichiarato nel 2015 uno dei migliori profumi dell’anno dal premio internazionale Accademia del Profumo.
Qui ci limiteremo a segnalare come in collaborazione con il premio internazionale Scritture d’Acqua abbiamo realizzato un’edizione specialissima di acqua di colonia. E’ H2 Eau de cologne, un’essenza creata da Italart, contenuta in un flacone realizzato da Bormioli Luigi, decorato da Cerve, per il design di Glennis Beneventi. H2 Eau de cologne è stato realizzato solo in 50 esemplari che sono venduti a € 25.