Ossa dei morti: il dolce culto dell’aldilà

Le golosità parmigiane dei Defunti tra cucina e tradizione: un dialogo con l’aldilà che arriva fino in Sicilia.

di Marta Occhipinti

Ma perché pria del tempo a sé il mortale Inviderà l’illusïon che spento Pur lo sofferma al limitar di Dite? 

Da Foscolo alla tavola, il culto dei morti ha una storia non solo letteraria. Dal nome tetro ma con un gusto decisamente goloso, nel panorama folklorico italiano, le “Ossa dei morti” sono i caratteristici dolcetti autunnali preparati per la Festività di Ognissanti.

Biscotti decorati in pastafrolla, le “Ossa” sono il simbolo di un dialogo coi defunti che accomuna non poche tavole dello Stivale. Misticismo o pura tradizione che si tramanda? Perché negarsi il dolce piacere di un’illusione?

Ossa dei morti, Òs äd mort, crozzi ‘i mottu e mustazzuòli: i dolcetti garofanati sono diffusi soprattutto a Parma e in Sicilia, ma anche a Montepulciano, Montalcino, Piemonte e Lombardia.

Rotondi, friabili e decorati, o dalla forma allungata e croccante, le Ossa dei morti sono dolci tipici caserecci e nel passato conventuali, per gli ingredienti che oggi definiremo poveri, ma un tempo, almeno sino all’Ottocento, privilegio di ricchi e religiosi.

Farina, zucchero e cannella, i tre elementi comuni che ritroviamo in quasi tutte le varianti regionali.

La loro preparazione richiede dai 2 ai 4 giorni di lavoro: di qui la ritualità paziente di un cibo tra il sacro e il profano. Tipica in tutte le regioni è l’unione del gusto dolce con il sapore speziato di cannella o garofano, e spesso di mandorle e frutta secca, come in Piemonte, da accompagnare con un vino passito naturale.

Tipicamente parmigiane, le Ossa dei morti vengono preparate con l’aggiunta di mandorle tritate, dando una forma allungata simile all’osso (molte “rezdore” ancora oggi danno forme che ricordano le varie ossa). Curioso è l’uso dell’ingrediente siciliano, presente anche nelle ricette delle famose “Scarpette di Sant’Ilario”, dedicate il 13 gennaio al patrono della città ducale, e nelle fave dei morti: pasticcini a base di mandorle tritate e scorze di limone, che prima del favismo venivano cucinate coi semi di fava secca, considerata per le sue lunghe radici un tramite con il mondo ultraterreno.

Nelle Marche e in alcune località della Sicilia, fino a non molti anni fa le strade che conducevano ai cimiteri erano punteggiate da bancarelle che vendevano proprio gli squisiti dolcetti alla mandorla.

Dal Nord al Sud: il culto dei morti sembra proprio legato a pochi ma essenziali ingredienti “magici”, ritenuti salvifici o già nell’antichità sacrificati come cibo della terra e prodotto dell’uomo con cui ingraziarsi le forze divine ultraterrene.

 

Ricetta parmigiana

Ingredienti

  • 200g di mandorle tritate
  • 200g di zucchero
  • 30g di burro
  • 200g di farina
  • 3 chiodi di garofano tritati
  • 1 pizzico di polvere di cannella
  • 1 uovo più due albumi
  • Scorza grattugiata di limone

 

Per la ghiaccia

  • 200g di zucchero a velo
  • Il succo di ½ limone
  • 30g di albumi
  • Un pizzico di vanillina

Amalgamare tutti gli ingredienti in modo da ottenere un impasto omogeneo e compatto, stendere con l’aiuto di un mattarello sino a raggiungere lo spessore di ½ cm. Versare l’impasto in un vassoio, ricoprirlo con pellicola e lasciarlo in frigorifero per una giornata intera. Il giorno dopo, tagliare l’impasto per dare la classica forma dell’osso. Porre le forme su una teglia imburrata e cuocerli in forno preriscaldato a 170°  per 20 minuti circa.

Per la ghiaccia, mescolare gli ingredienti e trasformarli in una crema densa che si userà per decorare il dolce, assieme a codette di cioccolato o confettini colorati.

Nella variante Siciliana, i dolcetti decorati pezzo per pezzo e incisi con un coltellino sono fatti asciugare per 2 giorni (anticamente al sole). Una volta induriti, vengono estratti dai rispettivi stampi e bagnati nella parte inferiore con un po’ di acqua. Successivamente vanno cotti in forno a 160° per 20 minuti. Una volta pronti, la base bianca caramellata del biscotto regge la tipica superfice dura biancastra.

 

Curiosità e tradizione

Cibo tra sacro e profano. In tutta Italia per il giorno dei Morti si preparano dolci e leccornie che hanno in comune origini, per lo più propiziatorie, a volte magiche e apotropaiche, per placare le anime e ricevere da loro prosperità.

Sin dall’antichità, si credeva che uomini e dei fossero fatti della stessa sostanza. Espressione di ciò, era una comunità conviviale che faceva del pasto il sensale medianico verso l’aldilà. Così l’Ovidio dei Fasti:

Mos erat, et mensae credere adesse Deos

Credenza popolare diffusa è quella secondo cui le anime dei propri cari, nella notte precedente il 2 novembre, facessero ritorno sulla terra: così nelle case la tavola restava apparecchiata per tutta la notte, con sopra acqua e dolci, per permettere ai familiari “in viaggio” di rifocillarsi.

Ma spesso, proprio per quella alterità tra vivi e morti, si pensava che fossero i defunti stessi a far dono di leccornie, soprattutto ai più piccoli.

In Sicilia, una leggenda popolare racconta che i morti scendessero nella loro città terrena per rubare dolci ai pasticceri più ricchi e portarli ai piccoli di casa, così ancora oggi c’è l’usanza di cucinare dolcetti da donare ai bambini.

Da quest’ultima tradizione, discende l’uso “educativo” legato ancora oggi ai dolcetti dei morti: avvezzar i più piccoli all’arrivo inevitabile della morte, fungendo da ponte tra il mondo terreno e l’aldilà. Da tanti infatti, probabilmente per il difficile compito a cui erano stati chiamati ad assolvere, venivano considerati “dolcetti magici”.

Ma, accanto alle favole, c’è chi riconduce l’usanza delle “Ossa da morto” a una patrofagia simbolica, risalente al Medioevo (in quel tempo si usava la polvere di cranio per insaporire i cibi o per preparare filtri amorosi), di qui, il binomio durezza-ossa e l’espressione parmigianaOs da mord”, per cui mangiando il biscotto sembra quasi di mordere un osso.

Forme, consistenze e colori, le Ossa da morto restano il dolce simbolo di una convivialità alimentare tra vivi e morti: un pasto povero e magico, che almeno una volta all’anno unisce il ricordo della morte al dolce senso della vita.

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