Il Prosciutto più buono del mondo

di Lorenza Carra

 

Nel corso dei miei spostamenti di lavoro in lungo e in largo per l’Emilia-Romagna, mi sono imbattuta in una antica salumeria di paese, che riporta l’insegna: “Il Prosciutto più buono del mondo”.

Immediato il pensiero corre alla risposta a questo subliminale “quiz” gastronomico: Il Crudo di Parma! Per chi abita in Emilia-Romagna, probabilmente, questa è la prima risposta  alla suggestione dell’abile bottegaio.

Il Prosciutto di Parma è infatti un prodotto rinomato, e viene prodotto nelle cosiddette Terre matildiche, ovvero quell’area geografica che comprende il territorio della provincia di Parma che si trova a sud della via Emilia ed è delimitato ad ovest dal torrente Stirone e ad est dal fiume Enza.

Questa zona geografica di lavorazione e produzione del Prosciutto di Parma garantisce infatti tutte le condizioni climatiche necessarie ad ottenere una stagionatura naturale in grado di generare questo particolare prodotto.

Il Prosciutto di Parma ha avuto estimatori in tutte le epoche. Del resto, questo alimento era conosciuto già nell’antica Roma: il suo nome deriva quasi certamente dal latino perex suctum (letteralmente: asciugato, prosciugato). In quell’epoca mettere sotto sale gli alimenti era uno dei pochi metodi conosciuti per conservarli. Nella Pianura Padana l’uso alimentare del maiale è sempre stato molto radicato e le prime testimonianze di cosce salate di maiali risalgono a un insediamento etrusco del V secolo a.C., ma fu la dominazione longobarda a intensificare l’allevamento e la conservazione del suino.

Il nome “Prosciutto di Parma” è stato giuridicamente protetto a livello nazionale già nel 1970, prima di essere riconosciuto come DOP. Esiste un rigido disciplinare che prevede e disciplina ogni singolo aspetto relativo alla filiera produttiva: l’alimentazione dei suini, la provenienza della carne, fino alla grandezza delle cosce usate per la produzione. In riferimento all’area geografica di produzione, ad esempio, l’area limitata dal disciplinare è proprio quella che consente le condizioni ambientali ottimali alla stagionatura che conferisce il gusto tipico e riconoscibile del prosciutto di Parma, permettendogli di differenziarsi da altri prodotti italiani DOP come, ad esempio, il San Daniele.

Il disciplinare contiene poi le indicazioni sull’origine dei suini da macellare, che possono provenire da diverse regioni: Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio.

Ogni anno, nell’autunno Langhiranese, si tiene il “Festival del Prosciutto di Parma”, che consente di conoscere e degustare il Prosciutto di Parma, proposto nelle sue molteplici stagionature, e di apprezzare le bellezze del territorio, che non passano solo dalla “vista”, ma principalmente dal “gusto.

Solitamente un prosciutto finito e pronto alla vendita ha un peso compreso tra gli 8 ed i 10 chilogrammi. Questo prosciutto ha sapore dolce e raffinato, gusto intenso ma delicato. Il suo colore al taglio si presenta uniforme, tra il rosso e il rosa, intervallato dal colore bianco delle parti grasse. Alcuni medici sostengono che il grasso del crudo di Parma non vada eliminato, ma gustato nell’interezza della fetta… Dopo tutto, non mi resta che entrare in bottega e ordinare: “Un panino con il Prosciutto più buono del Mondo!”.

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